Situato presso Rocca San Felice, nella Valle dell'Ansanto, poco distante dal fiume Fredane, affluente del Calore, il Santuario della dea Mefite costituì per gli Irpini la più importante area di culto, come ci attestano le fonti antiche, tra cui la più importante è quella di Virgilio. A determinare la valenza sacrale del luogo contribuì la presenza di un laghetto dall'acqua ribollente dal quale si sprigionano forti esalazioni venefiche; queste infatti erano considerate dagli antichi pericolose e legate per questo al mondo dei morti. Il nome stesso di Mefite, dea della fecondazione e della morte, starebbe a significare, secondo una interpretazione, "colei che sta nel mezzo", ovvero colei che mette in comunicazione il mondo degli dei, degli uomini e dei morti. La ricerca archeologica, iniziata da V. M. Santoli (1736-1804) nel corso del XVIII secolo è stata proseguita negli anni '50 del secolo scorso da G.O. Onorato. Furono rinvenuto numerosi oggetti provenienti dal deposito votivo, oggi conservati nel Museo Irpino. la preziosità dei doni che i pellegrini recavano al tempio conferma la grandezza e l'importanza del luogo di culto. Si tratta di ex voto di varia natura, tutti databili dal VI secolo a.C. al I secolo d.C.: statuine raffiguranti uomini e donne in atto di pregare, bronzetti, fibule in oro, piccoli oggetti in ambra (una collana e tre scarabei portafortuna). grande interesse archeologico rivestono, inoltre, i cosiddetti xoana, sculture lignee a forma di busto, che le particolari condizioni del luogo hanno preservato in un eccezionale stato di conservazione. tra di essi va menzionato soprattutto il cosiddetto grande xoanon, una statua di insolita altezza, probabilmente un'immagine di culto: la figura, mossa nel profilo da un'ampia "S" che accenna alla struttura corporea, è caratterizzata da due linee incrociate nella parte del tronco simulanti lo schema del mantello appuntato sul petto, secondo il costume italico. Le successive ricerche archeologiche, condotte negli anni '70 da B. D'Agostino e J. Rainini, hanno permesso di riportare alla luce alcune strutture di età ellenistica: resti di un altare, di un portico ed altre opere murarie che giungono sino alla conquista romana, attestando la continuazione del culto di Mefite, che venne progressivamente soppiantato, per essere poi definitivamente sostituito da quello cristiano di Santa Felicita.